Una colazione scandalosa

Il cognome Manet è indissolubilmente legato al particolare dipinto Colazione sull’Erba (1863). Manet fu molto vicino agli impressionisti e venne considerato il loro precursore, ma lui non si definì mai tale. Infatti, agli impressionisti piacque l’idea di Manet dietro questo quadro: voler riportare la sensazione della giornata. Fu proprio questo realismo la radice del problema che portò  l’opera ad essere definita scandalosa e non adatta ai salons (?) ufficiali. Manet rappresenta una donna semivestita ed una completamente nuda, ritenute due prostitute, in compagnia di due uomini elegantemente vestiti, quindi dell’alta società. L’artista disse di essersi direttamente ispirato al “Concerto Campestre” di Tiziano, in cui figurano due donne nude insieme a dei musicisti nel paesaggio veneto, un dipinto molto ammirato. Perché i quadri furono recepiti in maniere così differenti? Ebbene, Tiziano rappresentò un tema allegorico, ossia il suono della musica e la ciclicità armonica dell’universo. Pertanto la sua è una nudità che eleva i soggetti, in quanto irreali, contrariamente alla degradazione che comporta per le due donne di Manet, etichettate subito come prostitute, perché inserite in un contesto realistico, a partire dall’azione quotidiana della colazione.

Perciò, come descrisse Zolà (?), quest’opera scatenò tante forti reazioni: donne imbarazzate che cercano di smorzare l’atmosfera con dei risolini, altre incredule, una talmente scandalizzata da sentirsi svenire, uomini ansimanti e che ridono.

Ma l’aspra critica per Manet non finì qui: anche la tecnica fu duramente bersagliata, poiché si riteneva ci fosse troppo poco chiaro-scuro, con le figure che appaiono ritagliate rispetto allo sfondo, dando maggiore definizione al centro rispetto al resto, risultando un quadro senza prospettiva e incompleto.

Forse all’epoca questo quadro risultò un fallimento: ma è l’ennesima dimostrazione che l’originalità e l’ascolto di sé stessi fanno la differenza. Sebbene esteticamente vi fossero migliaia di quadri ritenuti migliori e premiati dalla critica, la maggior parte si è persa, con una fama limitata ai confini imposti dalla mentalità più ristretta dell’Ottocento. Ad oggi, invece, questa è la colazione più famosa di sempre, presente in ogni programma di storia dell’arte e ammirata da milioni di persone.

Vi sono tanti esempi di espressioni di diversità genuine, che vanno controcorrente non per il gusto di risultare trasgressive o causare immediatamente scalpore, e dunque fama effimera, ma che hanno una certa idea e solidità alla base, poiché il loro autore riesce ad ascoltare davvero i suoi desideri e gusti, condizione sempre più difficile, man mano che l’uomo perde contatto con la natura e la capacità di godere del silenzio per coltivare i propri pensieri, preferendo una strada più semplice: adeguarsi a ciò che gli altri ritengono giusto, per sentirsi accettati. È una strada immediata e all’apparenza indolore: così facendo non si sta usando il buonsenso, ma, poiché si accetta tutto, si sminuiscono principi importanti per la propria persona, si scende a compromessi che saranno solo causa di enorme insoddisfazione, a cui si cercherà di rimediare un po’ con l’apparenza, un po’ annullando tanti lati di noi che verrebbero considerati insoliti.

L’Annunciazione come poetica dei sentimenti

Nonostante sia un episodio tradizionale, l’Annunciazione di Leonardo ha un fascino tutto particolare. Innanzitutto, siamo immersi nella natura: una natura rigogliosa, che ricorda quella primaverile, con il prato cosparso di fiori e gli alberi verdeggianti.

A destra Maria e a sinistra l’Angelo. Appaiono fisicamente distanti (il quadro è lungo due metri), ma sorprendentemente vicini emotivamente. Basta uno sguardo per percepire sia l’incontro che il successivo dialogo. Eppure sono due figure ferme, imprigionate nella tela. Come è possibile? La risposta va ricercata nella gestualità dei soggetti, è proprio questo attento studio che ci permette di parlare di “poetica dei sentimenti” di Leonardo da Vinci. Osservando la Vergine, l’attenzione cade immediatamente sulle sue mani: una intenta a sfogliare le pagine di un libro, l’altra alzata, rivelandoci lo stupore nel vedere un angelo appena atterrato nel suo giardino. A raccontarcelo sono le sue ali: Leonardo studiò a lungo il volo degli uccelli, ed è sorprendente come una figura vestita pesantemente possa sembrare così leggera. La mano dell’Angelo è intenta in una benedizione e i suoi occhi sono rivolti a Maria, il cui volto, però, non è stupito come il suo corpo, ma rivela un’attenta interlocutrice. 

Tutti questi elementi vengono definiti da Leonardo come “moti dell’animo”. Si tratta del carattere e delle sue espressioni fisiche e facciali insieme, che riflettono anche i sentimenti e i pensieri del soggetto, rivelati dai più sottili particolari. Ne risulta un’indagine psicologica, già esistente fin dai tempi antichi, in cui però troviamo macrocategorie di soggetti di cui si evidenzia un particolare tratto caratteriale. Nel caso di Leonardo, il soggetto assomiglia ad altri, ma è sempre unico nel suo genere, esattamente come questo Angelo e Maria, che per questo si distinguono dalle altre annunciazioni.

In realtà, un altro elemento concorre alla distinzione di questo dipinto: è l’ambientazione. L’episodio infatti ha luogo all’aperto, non più dentro la modesta casa di Maria. Inoltre, è un giardino molto curato, da persone facoltose, come vediamo anche con il leggio e il mobile bianco finemente decorati e antichi. La figura di Maria non stona con tale lusso: anche lei sembra aristocratica, con le sue belle vesti, l’acconciatura e la lettura come passatempo. Questa scelta stilistica riflette il tempo in cui il quadro fu realizzato, è l’attualizzazione del sacro, ancora fortemente sentito dopo 1475 anni.

Per quel che concerne il presente, penso che sia il paesaggio, in particolare il cielo e l’orizzonte a farci sentire coinvolti nel dipinto. A differenza dell’architettura e dei costumi, una simile bellezza naturale non ha tempo. Ancora oggi, lontani dal caos cittadino, possiamo trovare luoghi dall’orizzonte così aperto, pronto ad abbracciare noi e il nostro animo con il suo senso di pace eterno.