Gli aborigeni percorrono la via dei sogni

È risaputo che nella storia umana le popolazioni indigene primitive si sono ritrovate svantaggiate, poiché impreparate all’arrivo dei coloni europei. È quanto è successo anche in Australia: terra inizialmente sottovalutata, considerata troppo inospitale, appena ci si è accorti delle miniere d’oro e di qualche regione più fertile, gli europei (in particolare gli inglesi) non hanno esitato a distruggere la splendida civiltà locale, per poi provare a conoscerla e preservarla quando ormai era troppo tardi. Nel caso degli aborigeni australiani lo sfruttamento del territorio e il suo stravolgimento hanno avuto conseguenze ben più gravi del semplice ritrovarsi relegati nelle aree più ostili e aride del Australia. Infatti, vi siete mai chiesti come facciano ad ambientarsi in un infinito deserto rosso, in cui tutto a prima vista a noi turisti sembra tutto uguale? Ebbene, la soluzione è originale e meravigliosa al tempo stesso. Gli aborigeni hanno una suddivisione in clan e tribù molto complessa (clicca qui per saperne di più), ognuna delle quali occupa una certa area e di solito ha una sua lingua. Per ritrovarsi, ognuna di queste famiglie canta una canzone. Una canzone atavica, trasmessa da anziani a discendenti, che indirizza l’uomo attraverso una successione di punti di riferimento naturali, presenti da secoli. Si parla di via dei sogni, una via ereditaria, un testo poetico sia nella forma che nella tradizione che rappresenta. Si cantano rocce, sassi, alberi, piante, pozzi d’acqua, orme di animali, monti… ed è così che i cambiamenti artificiali distruggono a poco a poco il loro mondo, frantumano il creato decantato dalla notte dei tempi, cancellano la memoria degli avi, i giovani si ritrovano con rituali indegnamente interrotti  e l’aborigeno è trascinato nel Tempo del Sogno Alcoolico, dominato dai demoni che ricongiungono le lacune nelle canzoni, che si riflettono inevitabilmente nell’anima.