Nei programmi di filosofia c’è sempre un filosofo che riesce a distinguersi più degli altri. È Schopenhauer, che con la sua esposizione schietta sull’esistenza umana e le relazioni che la legano a questo mondo, non si preoccupa affatto dello scandalo suscitato nel lettore. Ricordo ancora il grande rifiuto con cui venne accolto dai miei compagni, e dallo stesso professore, poiché è inammissibile pensare di vivere in funzione della sola volontà che governa il mondo, di condurre un’esistenza che oscilla come un pendolo tra la noia e il dolore. Di Schopenhauer ho letto tre libri: “Il mondo come volontà e rappresentazione”, “L’arte di ottenere rispetto” e “L’arte di ottenere ragione”. In ogni caso, il suo modo di pensare non può essere ridotto a queste frasi, banalizzandolo, come il pensiero di un qualsiasi soggetto depresso. Nella sua visione del mondo c’è molto di più. Era più avanti di tutti i suoi contemporanei e forse anche dei nostri. Leggerlo mi ha aperto il mondo, ho sentito il contatto con una mente a dir poco geniale. Anche perché se così non fosse, a partire dal capitolo 36 del terzo libro, non sarebbe riuscito a riportare a parole le sensazioni che derivano dall’armonia, dalla bellezza, a esplicitare stati d’animo così complicati da spiegare, che ci sembrano solo nostri. Mi sono sentita capita, finalmente qualcuno è riuscito a dare ordine al mio travolgimento interiore quando ammiro e assorbo la bellezza e la natura estasiata. Un pessimista non sarebbe mai in grado di descrivere tutto ciò, poiché semplicemente non potrebbe aver mai provato simili elevazioni nella propria esistenza, essendo oscurato dalla tristezza e dalla autocommiserazione che porta inevitabilmente alla considerazione del mondo come tutto incentrato nel proprio individuo, impedendo una connessione così radicata e sensibile con l’esterno, fino a fondercisi e cogliere l’armonia intrinseca di tutto ciò che è la natura, di tutto ciò che è volontà. Comprendendo, così, che in noi non risiedono i problemi del mondo, poiché ci sono ricordati da stati d’animo fuggevoli, che possiamo dominare, staccandoci dal nostro individualismo. Dire che la nostra esistenza è innanzitutto dolore, è la verità. Dire la verità non significa essere pessimisti, ma realisti. E sono stata contenta (e sinceramente sorpresa) di aver trovato lo stesso parere nella prefazione al mio libro de “Il mondo come volontà e rappresentazione”. In ogni caso, se fosse stato considerato un ottimista, nessuno avrebbe rifiutato il suo punto di vista. Probabilmente alla realtà preferiamo le bugie che danno speranza, e preferiamo anche non documentarci e assorbire passivamente pensieri così fondamentali per la nostra consapevolezza in quanto esseri umani, facendocene un’idea completamente sbagliata. Infatti, se aveste letto Schopenhauer, non lo definireste così. Lo ammirereste anche voi, se poteste rispecchiarvi nelle sue descrizioni e sforzarvi di capirle. Sapere come funziona il mondo può arrecare molti vantaggi. Ammettere che esista il dolore non toglie niente alla felicità, anzi, se non esistesse, non proveremmo neanche quella che abbiamo. Come se non esistesse la luce, non potrebbe esistere neanche l’ombra. Ammettere che siamo annoiati non toglie niente al nostro divertimento, anzi, abbiamo molte occasioni per divertirci, per stare bene, ma la maggior parte vengono sprecate, soprattutto per pigrizia e per l’irrefrenabile voglia di lamentarsi per qualsiasi cosa. Schopenhauer non si lamenta del mondo. Schopenhauer a differenza di quasi tutti noi, si limita ad una descrizione onesta di ciò che vede e propone delle soluzioni che l’uomo può decidere di adottare o meno. Se invece di lamentarci provassimo a farlo anche noi, forse troveremmo altre vie, sicuramente vivremmo meglio. Ma la verità è che guardando in noi stessi scorgiamo pensieri ben peggiori dei suoi, soprattutto gravi incertezze e ottusità. Questi sono i veri pessimisti, coloro che lamentandosi emanano energie negative, invece di sforzarsi ad aprire gli occhi per prendere atto della propria condizione e trovare l’armonia con il flusso della realtà spazio-tempo.