Le porte viventi del museo

È questa l’intenzione con cui nasce l’opera di Marina Abramovic, intitolata Imponderabilia. Consiste in due persone nude, un uomo e una donna in carne ed ossa, posti uno di fronte all’altra a qualche decina di centimetri. Così il visitatore è obbligato a passarvi in mezzo lateralmente, scegliendo se dando la schiena all’uomo o alla donna. Questa condotta è determinata da un elemento imponderabile (ossia la cui natura ed entità sfuggono ad una valutazione precisa), richiamato dal titolo. Questa performance fu attuata per la prima volta nel 1977 alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna e durò solo 90 minuti, poiché interrotta dalla polizia per oscenità. Venne riproposta nel 2010 al MoMA di New York, questa volta senza suscitare scandalo, ma anzi i due soggetti subirono molestie.

L’autolesionismo come arte

Tra gli artisti di body art la francese Gina Pane si distingue per le sue opere contenenti autolesionismo. In particolare Psyche, una performance di 27 minuti e 32 secondi, di cui vi è una serie di fotografie, in cui l’artista si pratica con le lamette dei tagli a forma di croce intorno all’ombelico e appena sotto le sopracciglia. Nelle foto è ben visibile il sangue, simbolo di dolore, l’esperienza umana maggiormente percepibile secondo Pane, resa in maniera molto diretta tramite queste ferite, che lasceranno cicatrici, definite dall’arista come la “memoria del corpo”. Inoltre, per rendere l’esperienza più intensamente, Pane crea un contrasto indossando vestiti bianchi. L’artista afferma che “il corpo è occupato e formato dalla società” per questo bisogna scriverci sopra e contrastare il ruolo passivo della donna in una società maschilista.